Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle. Denis Waitley Al fine di indirizzarsi oggettivamente verso una effettiva riduzione di incidenti ed infortuni su lavoro, risulta necessario un nuovo approccio alla gestione e valutazione dei rischi ed in generale sulla sicurezza sul lavoro. Risulta pertanto necessaria una nuova cultura quindi che esca dai canoni classici della coercizione legislativa e giunga ad una condivisione trasversale di obiettivi e traguardi tra tutti gli attori presenti nel mondo del lavoro. Una nuova cultura le cui fondamenta siano ben radicate in un terreno di consapevolezza reale da parte di tutti. Questa nuova cultura deve passare attraverso un reale cambiamento di approcci e di metodiche fino ad ora utilizzate e basate sul vecchio principio “command and control”. |
La storia passata è tutta incentrata sul cambiamento. Senza di esso non ci sarebbero state le invenzioni, le scoperte scientifiche in tutti i campi che hanno contribuito alla naturale evoluzione del mondo e delle società.
Il cambiamento è infatti insito nella cultura stessa dell’uomo ed è imprescindibile da esso.
Nell’ambito della sicurezza sul lavoro questo è già avvenuto in passato. Dagli anni ’50 con le prime leggi sulla gestione degli infortuni e sulla sicurezza nei cantieri, fino agli anni ’90 quando si passò’ infatti da un concetto di Protezione ad un concetto di Prevenzione con il D. Lgs. 626/94.
Anche le pubblicità ce l’hanno messo in testa infatti per molti anni “PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE.
Il concetto di prevenzione, attraverso il largo uso di strumenti quali l’INFORMAZIONE e la FORMAZIONE, ha permeato tutti gli anni successivi, fino ai nostri giorni. Opzione confermata ancora dall’attuale testo unico in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro il D. Lgs. 81/2008.
Ma come abbiamo appurato fino a qui la Prevenzione è una condizione NECESSARIA ma NON SUFFICIENTE.
Occorre infatti fare un passo avanti e passare dalla Prevenzione ad un concetto di CONDIVISIONE SOSTENIBILE.
Le sfide che le aziende dovranno affrontare nei prossimi anni sono proprio riferite alla SOSTENIBILITA’, ovvero al loro sviluppo sostenibile in cui al centro del sistema c’è l’uomo con tutte le sue interazioni ed implicazioni.
Il concetto di sostenibilità è molto ampio e può essere applicato a diversi ambiti, tra i quali:
In particolare nel contesto ambientale, la sostenibilità è considerata una prerogativa essenziale per garantire la stabilità di un ecosistema, ovvero la capacità di mantenere nel tempo i processi ecologici che avvengono all'interno di un ecosistema e la sua biodiversità. Importantissimo prerequisito in ambito industriale, ed il relativo impatto su tutti gli STAKEHOLDERS.
Molte aziende hanno infatti scelto di adottare per i loro modelli organizzativi certificazioni di parte terza secondo la norma ISO 14001 o il Regolamento EMAS quali elementi di differenziazione e di reale impegno alla salvaguardia ambientale esterna ma anche degli ambienti di lavoro interni.
Non dimentichiamo inoltre che attualmente in Italia i reati ambientali sono attribuiti come mera Responsabilità ai soggetti apicali delle aziende.
Successivamente il concetto di sostenibilità è stato allargato anche ad altri ambiti, in particolare alla sfera economica e sociale, fornendo una definizione più ampia, secondo la quale le tre condizioni di sostenibilità ambientale, economica e sociale partecipano insieme alla definizione di benessere e del progresso di una società.
Questa generalizzazione linguistica del concetto di sostenibilità è stata svolta usando il concetto di "sistema", intendendo come sistema anche il sistema azienda e tutto il complesso di norme e relazioni che regola il complesso meccanismo organizzativo aziendale.
In questo modo, per ciò che attiene la vita umana, la stabilità di un sistema, può essere vista come un modo per garantire la longevità di un sistema di supporto per la vita stessa, che nel contesto industriale può essere vista come il complesso di attività, regole, metodi, e supporti che interagiscono e sono tra loro interdipendenti.
Con un riferimento più ampio alla società ed agli STAKE HOLDERS, il termine di sostenibilità sociale indica un "equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie" (Rapporto Brundtland del 1987).
Come dire che se un’azienda inquina emettendo in atmosfera fumi non controllati, o sversa acque industriali senza una precisa autorizzazione, o ancora elimina i rifiuti senza rispettare i requisiti di legge, non solo commette reati ambientali, ma compromette tutto un sistema correlato, come un effetto domino.
Guardate cosa è successo a Taranto per l’ILLVA e che cosa succede ancora oggi in Campania nella terra dei fuochi. L’effetto domino di tali situazioni ha creato ed ancora sta creando malattie e morti, anche se qualcuno ancora tenta di nascondere le reali cause. O pensiamo invece al recente processo Eternit dove dopo circa venti anni è stata trovata la correlazione scientifica del cancro ai polmoni con l’esposizione alle fibre di amianto.
Gli effetti domino di queste tragiche situazioni NON SOSTENIBILE hanno ovviamente avuto un impatto su tutto un sistema e non solo legato al singolo evento.
Persone che sono morte, altre si sono ammalate, famiglie distrutte. Enormi costi per i controlli da parte delle autorità, per non parlare del costo sociale sanitario che ne è derivato.
Il concetto di sostenibilità sociale così definito può essere inoltre distinto in due specifiche tipologie:
· Sostenibilità forte: se si ammette che il capitale da tramandare alle generazioni future possa essere solo "naturale", cioè che deriva esclusivamente da risorse naturali;
· Sostenibilità debole: se si ammette che il capitale naturale da tramandare possa essere sostituito da "capitale manufatto", cioè creato dall’uomo. Ovvero ciò che avviene per esempio nelle attività industriali.
Il concetto di sostenibilità economica è alla base delle riflessioni nell'ambito dell'economia dello sviluppo che studia la possibilità futura che un processo economico "duri" nel tempo e non produca quegli effetti domino negativi verso gli stakeholders indicati in precedenza.
Sulla base di questi presupposti, negli ultimi anni, si sta affermando sempre di più un concetto che si basa molto sui presupposti di sostenibilità del business aziendale, ovvero il suo valore condiviso (o shared value).
L'idea di questo valore condiviso, sistematizza quanto è già stato sviluppato dalla teoria e dalla pratica in termini di Corporate Social Responsability [CSR] e sostenibilità d'impresa, contestualizzando il tema della sostenibilità sociale e ambientale da un livello strategico fino a un livello operativo del business. In particolare, con l'approccio del valore condiviso, il focus ricade sulla creazione di un circolo virtuoso che elimina i trade-off e valorizza il ritorno dell'investimento, che conduce appunto a generare sia valore economico per l'impresa che valore sociale.
Ovviamente, sotto il profilo economico e sociale rientrano in pieno tutte quelle attività messe in atto dall’azienda per soddisfare i requisiti di Sicurezza ed Igiene sul lavoro.
Il valore economico degli infortuni ed incidenti sul lavoro, già ampiamente sviluppati nel precedente capitolo 3, sono solo una parte del tutto, per usare una metafora, essi rappresentano solo la punta dell’iceberg.
La ricaduta sociale di infortunio o incidente sul lavoro ha infatti impatti devastanti sull’intero sistema azienda e sulla vita dei lavoratori e dei loro familiari. Un intero sistema viene quindi compromesso.
La nuova cultura ed il cambiamento che noi intravediamo all’interno del sistema industriale devono necessariamente passare attraverso un pensiero condiviso tra Datori di lavoro, Lavoratori e parti interessate, attuando realmente un sostegno reciproco sui valori fondamentali.
Tale cambiamento passa anche e soprattutto attraverso l’educazione che dovrà essere caratterizzata dalle seguenti caratteristiche:
Nei contesti Industriali ed in genere nelle Organizzazioni l'evoluzione dei modelli organizzativi sta recependo con forte attenzione il tema dello sviluppo sostenibile.
La norma ISO 9004, da molti anni un riferimento internazionale per i Sistemi di gestione per la qualità in ambito aziendale e non, da Linea guida per il miglioramento delle prestazioni si è modificata in Managing for Sustainability proprio con l'intenzione di fornire alle organizzazioni una linea guida per conseguire un successo sostenibile.
Nella stessa norma vien proposta la definizione di "sostenibile" come «capacità di un'organizzazione o di un'attività di mantenere e sviluppare le proprie prestazioni nel lungo periodo» attraverso un bilanciamento degli interessi economico-finanziari con quelli ambientali.
La sicurezza in azienda è uno dei Pilastri della Sostenibilità che ogni Datore di lavoro dovrebbe tenere in considerazione, non fosse altro per il valore economico derivante.
Lo spunto per tale necessario cambiamento lo possiamo trovare attraverso quanto implementato nel settore Automotive, ma che può tranquillamente trovare applicazione in ogni contesto industriale, nell’ambito del WCM – World Class Manufacturing.
Nel WCM non a caso è stato progettato uno specifico modulo [chiamato Pillar – Pilastro] dedicato alla Sicurezza sul Lavoro – SAFETY PILLAR appunto.
Il Safety Pillar prevede 7 specifici steps come indicati nello schema che segue. Lo step iniziale riguarda ovviamente la definizione di una specifica Policy aziendale e quindi di una reale volontà da parte del management.
Questi 7 steps sottintendono inoltre a 3 specifiche fasi. Quella REATTIVA, quella PREVENTVA e quella PROATTIVA.
Le stesse 3 fasi sono inoltre legate a delle specifiche Responsabilità ed ai supporti necessari da parte del management, in modo autonomo, o da parte del Team.
Ovviamente l’implementazione di un Sistema WMC quanto meno nell’ambito SAFETY, prevede che sussistano queste condizioni minime:
§ Convinzione e Supporto da parte del Management [commitment]
§ Definizione di una struttura operativa in grado di gestire il Safety Pillar
§ Sviluppo delle competenze necessarie per lo sviluppo del Safety Pillar
Vediamo ora di capire come si sviluppano i 7 steps e che cosa contengono.
Lo step 1 prevede una specifica analisi degli incidenti e degli infortuni ed una investigazione accurata ed approfondita delle relative cause delle stesse.
Lo step 2 prevede l’implementazione di specifiche contromisure contro i possibili incidenti ed una sorta di espansione orizzontale, ovvero l’attuazione di contromisure sulle aree o processi similari. In tale fase è inoltre necessario definire specifici KPI per l’analisi statistica degli incidenti o infortuni.
Lo step 3 Prevede l’impostazione di standard provvisori per la Sicurezza attraverso un approccio di Risk Analysis e Risk Matrix. L’approccio Risk Analysis deve essere implementato attraverso la logica PDCA – Plan Do Check Action e quindi attraverso un loop continuo.
Lo step 4 Prevede l’impostazione di attività di audit e di ispezioni generali per la sicurezza al fine di formare e far crescere tutto il personale in modo che tutti possano prendersi cura della Sicurezza sul lavoro.
Questo step di formazione e crescita del personale si basa sull’approccio TWTTP – The Way To Teach People
IL TWTTP è uno strumento che permette di approfondire l'analisi delle cause di un incidente o un infortunio
e quindi classificarlo in una precisa categoria.
Attraverso un colloquio e successive interviste è possibile comprendere il livello di consapevolezza del lavoratore interessato all'evento sui problemi di sicurezza e sulle cause dell’infortunio.
Se il risultato della prima intervista non è soddisfacente, sarà necessario effettuare una formazione continua al fine di raggiungere un buon livello di consapevolezza dei lavoratori e verificarne successivamente il risultato.
Lo step 5 Prevede l’implementazione di attività sulla Sicurezza gestite in autonomia dai lavoratori attraverso una analisi critica e implementando contromisure predittive finalizzate alla eliminazione di futuri rischi e pericoli.
Lo step 6 Prevede un elevato livello di consapevolezza da parte dei lavoratori che proattivamente si fanno promotori di un ambiente sicuro, contribuendo a creare e divulgare ai colleghi i presupposti cardine della sicurezza sul lavoro. Questo step prevede la realizzazione di standard autonomi di sicurezza da parte dei lavoratori stessi attraverso ispezioni autonome generali sul posto di lavoro. Il concetto è quindi che non ho bisogno di qualcuno che controlla se sto rispettando gli standard, perché lo faccio in modo consapevole, preventivo ed autonomo.
Le fasi dello step numero 6 relativo alla gestione autonoma della sicurezza sono i seguenti:
§ Chiudere il ciclo della gestione sicurezza. Non tenere problemi e/o fronti aperti.
§ Fornire un meccanismo per tutto il personale per contribuire alla realizzazione di precisi obiettivi in materia di sicurezza e fornire loro specifica responsabilità individuale
§ Aiutare le persone a identificare quando SONO PIU 'A RISCHIO
§ Contribuire a creare un ambiente di lavoro più sicuro
§ Migliorare ed aprire i CANALI della COMUNICAZIONE in azienda
§ Migliorare il lavoro di squadra
Lo step 7 Prevede che il Sistema di gestione della sicurezza pienamente applicato con la finalità del raggiungimento dello zero incidenti ed infortuni di sicurezza.
Per raggiungere lo STANDARD ZERO INCIDENTI è necessario che le aziende, il management, tutti i lavoratori facciano un vero e proprio SALTO. Quel cambiamento di mentalità basato sui VALORI PERSONALI come base di un corretto sistema di gestione sicurezza e di consapevolezza.
Partendo dai valori personali ed attraverso i 7 steps di WCM si può arrivare ad una situazione nella quale l’incidente o infortunio è da considerarsi quasi esclusivamente una fatalità e non una consuetudine.